Teatro Romano di Teano

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Teatro Romano di Teano

Teano

Beni culturali

Il Teatro si trova nell’area della così detta città bassa, sulle pendici orientali dell’altura denominata Villino S. Antonio, a brevissima distanza dalla zona di S. Pietro a Fuoco identificata sulla base di fonti documentarie e antiquarie nel foro di Teanum Sidicinum. Il monumento risulta perfettamente inserito nel tessuto urbano antico: esso è infatti delimitato da due strade parallele orientate est-ovest una delle quali deriva dal reticolo stradale ortogonale ancora osservabile nel centro storico. Di notevole interesse è, inoltre, la circostanza che le pendici meridionali della già ricordata altura del Villino S. Antonio siano occupate dall’anfiteatro che sembra costituire, insieme al teatro, un vero e proprio quartiere degli spettacoli della cui sistemazione scenografica facevano parte anche un grande ninfeo con fronte a nicchie posto immediatamente a sud-est e un porticato (individuato, ma non ancora scavato) posto a sud del teatro. Del teatro sono oggi visibili l’intera superficie della cavea e poco oltre la metà dell’edificio scenico. Sono chiaramente distinguibili in più punti dell’edificio strutture realizzate in opera incerta per la maggior parte dei casi inglobate in muri in opera testacea. Tale dato indica che il teatro ebbe due principali fasi architettoniche. La prima risale all’ultimo ventennio del II secolo a.C. (120-100 a.C.). realizzata in opera incerta, con potenti muri di sostegno a volta che prolungarono scenograficamente il ciglio della collina che domina il sito (sono visibili all’interno dell’ambulacro superiore) e costituirono la base di appoggio per la cavea interamente costruita su arcuazioni, all’interno delle quali sono dei passaggi curvilinei a servizio delle gradinate; la cavea era ai lati contenuta da due muri (analemmata) con paramento in blocchi di tufo locale; l’orchestra era a forma di ferro di cavallo, planimetria tipica dei teatri ellenistici. Si tratta del più antico teatro d’Italia la cui cavea era completamente sostenuta da arcuazioni. Sulla sommità delle gradinate era presente, con ogni probabilità, un santuario dedicato ad Apollo, come si è indotti a ritenere in base sia alla struttura dei muri di terrazzamento ellenistici, sia ad una mensa di altare con dedica in osco (vedi Museo, sala VII). Tra il 205 e il 244 d.C. il monumento fu radicalmente mutato: facendo perno sull’orchestra ellenistica, la cavea fu ampliata a danno dei muri di sostegno ellenistici, sino a raggiungere un diametro di 85 m circa; al di sopra dei passaggi che immettevano nell’orchestra (parodoi) furono costruiti i due tribunalia riservati ai magistrati; in luogo del logheion ellenistico fu eretto un imponente edificio scenico rettilineo con fronte alta più di 24 metri costituita da architravi in marmo proconnesio e colonne dei più vari e preziosi marmi dell’Impero, parte dei quali sono allineati nell’area archeologica. L’edificio, che dobbiamo immaginare articolato da numerose nicchie, era decorato con sculture, alcune di reimpiego di età augustea. Davanti all’edificio scenico era una profonda fossa per le attrezzature da spettacolo chiusa nell’Antichità da travi di legno che si appoggiavano su mensoloni di marmo, ancora ben conservati lungo la fronte dell’edificio scenico e su pilastri in mattoni laterizi; a sua volta su queste travi di legno era il pavimento ligneo del pulpitum da dove gli attori recitavano. Davanti ad esso si trovano i fori (auleum) per la collocazione del sipario che nei teatri antichi non calava dall’alto, ma sorgeva dal basso. L’edificio scenico e l’intero teatro erano sontuosamente decorati secondo un preciso programma decorativo improntato all’esaltazione delle virtù imperiali, come indicato con trasparenza dalle Vittorie con palme e trofei sui capitelli di pilastro e su quelli compositi, nonché dai fregi vegetali, cosiddetti Peopled Scrolls, allusione alla Terra che rinasce nella pace garantita dall’Imperatore. Un primo grave danno alle strutture fu arrecato da un terremoto da porsi tra il IV e il V secolo d.C. (è noto da iscrizioni un sisma nel 345-346 d. C. che sconvolse anche tutto il Sannio). Il teatro non doveva più essere in uso dopo questo evento. Tuttavia appare probabile che l’edificio scenico non fosse ancora crollato: a tale momento risalgono le prime rapine di capitelli e altre membrature architettoniche. In un periodo compreso tra l’VIII e il IX secolo d.C., si impiantò sul monumento un sistematico cantiere di spoglio che ridusse il teatro ad una sorta di enorme cava a cielo aperto per la rilavorazione dei marmi colorati e la riduzione in calce di quelli bianchi.

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