Le tradizioni popolari da sempre marcano quella linea che tiene uniti passato presente e futuro di un paese. Nella memoria, che dal padre arriva sino al figlio, c’è la voglia di voler fissare le proprie radici culturali, antropologiche e sociali; è il tramandare le tradizioni popolari del proprio paese natio alle generazioni future, sembra uno dei modi possibili perché ciò accada. “Il trapasso tra la morte e la vita; il passaggio tra la stagione invernale e la stagione del risveglio; tra l’afflizione e la speranza; tra il dolore e la purificazione dello spirito; tra la tristezza e la gioia.” Queste parole sembrano rappresentare nel migliore dei modi una delle tradizioni più affascinanti della Sicilia, la Festa degli Archi di Pasqua, che con i suoi colori e i materiali propri della natura sembra dare un significato ancora più profondo al periodo in cui viene ad essere rappresentata. La tradizione degli Archi di Pasqua, unica nel suo genere, ebbe origine nel ‘700 quando i grandi proprietari terrieri della famiglia Joppolo, venendo in visita a San Biagio Platani (durante il periodo pasquale) al fine di riscuotere tasse e gabelle, erano accolti in maniera “Trionfale” dalla folla con a capo il Governatore, il Clero e i Giurati; a questo periodo risale anche la nascita delle due Confraternite “Li Madunnara” e “Li Signurara”, che avevano le proprie sedi rispettivamente nella Chiesa Madre e nella Chiesa del Carmine. Attualmente i presidenti delle due Confraternite sono Michelangelo Favatella (Madunnara) e Giuseppe Savarino (Signurara). La tradizione degli Archi d i Pasqua si è protratta fino ai giorni nostri. Un lavoro molto impegnativo è quello della preparazione. Alcuni mesi prima i componenti delle Confraternite si riuniscono per abbozzare i progetti da sottoporre alle rispettive assemblee. Una volta scelto il tema si passa alla fase operativa. Separatamente ed in gran segreto Madunnara e Signurara costituiscono dei sottogruppi ai quali viene affidato il compito di creare le meravigliose opere artistiche che dalla mattina di Pasqua sono esposte lungo Corso Umberto I. Per la realizzazione di tali opere si utilizzano diversi materiali: si intessono con canne, salici, e agave i pannelli del viale e dell’entrata; si compongono i mosaici con cereali, vetro, pane e pasta; si addobbano le nimpe (lampadari) con datteri, pane, pasta, corda e mais. Preziosi capitelli di pane e sculture, “scherzi” di fontane a tema stanno a significare la frenesia e la piacevole follia di tutto il lavoro di mani esperte che c’è dietro. Osservati più attentamente conducono in un viaggio di tradizioni e memoria che pare, non avere limiti. In questo contesto si crea una “amichevole” rivalità tra le due Confraternite; questa conflittualità diventa un elemento di crescita capace di trasformare radicalmente lo spazio urbano che viene utilizzato durante la manifestazione degli Archi di Pasqua. “L’incontro” rappresenta la resurrezione di Cristo, la vittoria della vita sulla morte. In riferimento a questo evento gli Archi, completamente composti da materiali propri della natura, rappresentano il risveglio della stessa dopo il lungo e quasi, oserei dire, “mortale inverno”. L’aria che il sabato si respira in Corso Umberto I è di gioia e allegria, tra applausi e auguri tutto sembra profumare di gioia e di vita. Il fatto di essere nati a San Biagio Platani preclude in sé l’amore per l’arte, per la cura dei particolari e per la voglia di stare insieme.