Un angolo di natura terrestre ancora fortunatamente incontaminato, un’ampia distesa (55 ettari = 551.131 mq), un museo vegetale vivente dove gli odori delle erbe, i rumori degli insetti e i gesti dei contadini, che vanno ormai via via meccanizzandosi, costituiscono elementi prettamente legati al territorio e alla tradizione in grado di soddisfare quelle esigenze sempre più particolari dei visitatori alla ricerca dello spirito del luogo. La sua visita rappresenta un vero viaggio nei tesori della natura, per cogliere il grande sonno invernale, il risveglio primaverile, la breve estate ed i vivi colori dell’autunno, un decoro alquanto singolare da vivere e gustare. Il Prato di S. Orso in inverno diventa una soffice e candida distesa ovattata sulla quale si snodano diversi tracciati per lo sci da fondo. Sul Prato di S. Orso si svolge la MarciaGranParadiso (gara di fondo a tecnica classica di 45 Km) e molte altre competizioni di sci nordico di rilevanza nazionale e internazionale (Coppe del Mondo). Sul Prato di S. Orso è ubicato lo Snow Park invernale, attrezzato con gommoni e gonfiabili. In estate il Prato di S. Orso (alcune parti riservate) è sede prediletta dai giovani per cimentarsi con gli aquiloni. “[…]La leggenda, in uno slancio di riconoscenza religiosa, attribuisce il merito della bonifica (della prateria) a S. Orso, il prete irlandese che evangelizzò il paese. Ma è probabile che all’epoca di S. Orso la valle fosse molto fitta di boschi e la pianura di Cogne fosse scarsamente abitata, se il centro religioso era sempre ancora il Crêt, dove esiste tuttora una cappella (alto vallone di Urtier a monte della fraz. Lillaz), ma di costruzione recente, e si scorgono numerose traccie di case certo antichissime. Ma la leggenda non si dà pensiero della cronologia; quando ha scelto un eroe attribuisce a lui tutti i meriti e tratta il tempo come la lente tratta il raggio di luce, concentrandolo in un punto. S. Orso per ogni buon Cognense ha dunque trovato la piana (che si vuole portasse il nome di Vela), occupata da una gran selva; la disboscò, ne cacciò lupi, orsi e cinghiali; la rese abitabile e sicura, e meritò che il suo nome rimanesse a questa preziosissima fra le più preziose ajuole che ornano la nostra terra. […]” (GIACOSA P., 1925, Cogne, Viassone, Ivrea)