Lo Stretto

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Lo Stretto

Villa San Giovanni

Paesaggi e punti panoramici

La collocazione geografica e l’ecosistema complessivo (acque, correnti, venti, caratteristiche geomorfologiche, presenze faunistiche, ricchezze botaniche e naturalistiche) fanno di questa terra un luogo assolutamente unico. Nel corso dei secoli ha ospitato culture, presenze, identità antropologiche, tradizioni popolari, miti, tutti indissolubilmente connessi alle caratteristiche geografiche e morfologiche dei luoghi, producendo una ricchezza di espressioni e una fusione di elementi tali da rendere questo sito un simbolo stesso della storia dell’umanita’. Memorie e suggestioni mitologiche e letterarie (da Omero a Horcynus Orca), tradizioni marinare, emergenze archeologiche, storiche, architettoniche, oceanografiche, paesaggistiche: ecco l’articolato palinsesto culturale e ambientale che rende questo territorio un unicum di cui occorre garantire la tutela, la persistenza e la salvaguardia finalizzate a una fruizione dei luoghi e del sapere che essi ospitano, a beneficio dell’intera umanità. Aspetti morfologici Lo Stretto di Messina, per gli aspetti morfologici, può essere rappresentato come un imbuto con la parte meno ampia verso nord, in corrispondenza della congiungente ideale Capo Peloro (Sicilia) – Torre Cavallo (Calabria); verso sud, invece, questo imbuto si apre gradualmente fino al traverso di Capo dell’Armi (Calabria). Particolarità delle correnti nello Stretto Lo Stretto di Messina è il punto di separazione tra due bacini (Ionio e Tirreno) contigui ma distinti fisiograficamente, aventi acque con caratteristiche fisico-chimiche ed oscillatorie diverse. Per tale ragione, correnti stazionarie e di marea, anche in funzione della particolare geomorfologia dell’intera area, determinano l’insorgenza di peculiari fenomeni idrodinamici. Il particolare regime delle correnti dello Stretto fu studiato per la prima volta con grande dettaglio scientifico mediante la raccolta sistematica di dati mirati ad una conoscenza completa dei fenomeni, durante le campagne di studio della Nave Marsiglia della Marina Militare, svolte durante gli anni 1922 e 1923 sotto la direzione del Prof. Vercelli (Fisico, Direttore dell’Istituto Geofisico di Trieste); furono indagate anche le caratteristiche fisico-chimiche di quelle acque grazie alle analisi condotte da Picotti (Chimico dello stesso Istituto). Dall’insieme dei risultati raccolti vennero costruite le "Tavole di Marea" dello Stretto, tuttora edite dall’Istituto Idrografico della Marina (I.I.M. Pubbl. n° 3133), dalla cui lettura è possibile conoscere le previsioni della corrente (velocità e direzione) in due punti (Punta Pezzo in Calabria e Ganzirri in Sicilia); è inoltre possibile calcolare, grazie a formule molto semplici, le previsioni di corrente in altri 9 punti. Nel corso degli anni sono state effettuate periodiche verifiche di tali misure, con strumenti sempre più sofisticati, che hanno di fatto confermato l’ottimo lavoro svolto nel 1922-1923. Anche le ulteriori elaborazioni di Defant (1940) hanno contribuito all’aumento delle nostre conoscenze ed alla migliore comprensione dei fenomeni dinamici dello Stretto di Messina. Nel 1980, al fine di valutare la possibilità di uno sfruttamento delle correnti dello Stretto per la produzione di energia, è stata condotta dall’OGS (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale) di Trieste una campagna di misure su lungo periodo per conto dell’ENEL, con il posizionamento in 9 punti dello Stretto, nell’area di minore ampiezza compresa tra le congiungenti Ganzirri-Punta Pezzo e Capo Peloro-Scilla, di una serie di catene correntometriche con 3 moderni correntometri ciascuna, per un totale di 27 strumenti di misura operativi in situ per un periodo di 4-6 mesi. L’energia La consistente energia delle correnti dello Stretto di Messina e l’enorme volume di acqua in transito, non potevano non destare interesse ai fini della produzione di energia elettrica pulita ed a basso costo. Così a partire dal 1980 vennero compiute misure in loco ed elaborati studi di fattibilità da parte di strutture dell’ENEL o ad esso collegate. Tale programma venne però abbandonato dopo una valutazione del rapporto costi/benefici per la posa in opera e per la gestione di turbine ubicate sul fondo dello Stretto. A partire dalla metà degli anni 80, la Ponte di Archimede S.p.A. inizia ad interessarsi del problema con un diverso approccio (posizionamento in superficie su struttura galleggiante ed asse verticale) e con la collaborazione di una ditta specializzata in propulsori per la navigazione ad asse verticale (VOITH GmbH). I primi esperimenti iniziano nel 1986, passano dal brevetto per la turbina idraulica ad asse verticale KOBOLD nel 1998, per giungere all’impianto pilota ENERMAR posto in attività nello Stretto nel marzo 2002 e collegato alla rete elettrica nazionale nel mese di marzo 2006. La piattaforma, ancorata 150 m al largo di Ganzirri (Sicilia), ha un diametro di 10 m, è dotata di elica a tre lame alta 5 m ed è in grado di erogare 100 kW con una velocità della corrente di 3 m/s. I risultati sperimentali indicano in circa 22.000 kWh l’energia utile estraibile annualmente. In questo sito, considerata l’area interessata dalle correnti, l’energia totale estraibile dallo Stretto di Messina sarebbe pari a 538 GWh[4]. Gli organismi presenti Le condizioni idrologiche dello stretto di Messina sono straordinarie, e del tutto peculiari e speciali sono i popolamenti che esso ospita. Infatti, l’intenso idrodinamismo e le caratteristiche chimiche delle acque dello Stretto sono in grado di condizionare gli organismi che in esso vivono e, anzi, riescono ad influenzare l’intero assetto biologico dell’ambiente determinando uno straordinario ecosistema, unico nel mar Mediterraneo per biocenosi ed abbondanza di specie; lo Stretto di Messina, quindi, costituisce un fondamentale serbatoio di biodiversità. Le intense ed alterne correnti, la bassa temperatura e l’abbondanza di sali di azoto e fosforo trasportati in superficie dalle acque profonde determinano la disponibilità di una grande quantità di sostanza organica utilizzata sia dagli organismi pelagici sia, soprattutto, dai popolamenti bentonici costieri. Lo stretto di Messina, confine fra i due bacini occidentale ed orientale del Mar Mediterraneo, è un punto importante di osservazione dei flussi migratori delle specie che si trovano nei due bacini. In quest’area pervengono o transitano comunità planctoniche, anche di lontana origine sia orientale sia atlantica. Mitologia dello stretto di Messina e del territorio Il mito di Scilla e Cariddi Omero, nell’Odissea, parlava di Scilla, dolce fanciulla innamorata di Glauco, trasformata da Circe in un terribile mostro a sei teste. La mostruosa figura, incutendo timore ai naviganti che cercavano di avvicinarsi alla costa, scatenava tremende tempeste. Sulla sponda sicula dello Stretto c’era invece Cariddi, trasformata da Giove in terribile mostro in quanto colpevole di avere rubato i buoi ad Ercole. Il mito di Scilla e Cariddi, oltre che da Omero, fu cantato da Dante, Virgilio, Ovidio. Il fenomeno della Fata Morgana Dalla costa reggina dello Stretto di Messina si assiste a un raro fenomeno ottico-meteorologico per cui la costa siciliana sullo Stretto appare non solo ravvicinata ma anche riflessa al centro dello stesso mare Il fenomeno sembra derivare da un’irregolare distribuzione dell’indice di rifrazione in alcuni strati dell’aria, in modo tale che i raggi luminosi provenienti da uno stesso punto di un oggetto dell’opposta riva, subiscono variazioni in vario senso, ma comunque restando su uno stesso piano verticale, in modo che i punti stessi sono trasformati in linee verticali più o meno allungate. Per questo motivo il fenomeno avviene raramente in quanto occorre, appunto, la combinazione contemporanea molti fattori atmosferico-ambientali.Questo fenomeno è davvero eccezionale perché oltre alla costa siciliana riflessa nelle acque si vedono anche case, persone e alberi. La traversata dello Stretto La competizione per definizione “ TRAVERSATA DELLO STRETTO” è la manifestazione che ha avuto origine il 5 settembre del 1954 quando il Commendatore Rosario Calì, Presidente dello Sporting Club Villa ed il Prof. Mario Santoro, già presidente della FIN regionale, idearono la gara, che nell’arco di qualche anno, coinvolse i migliori specialisti dell’epoca riscuotendo insieme alla Capri Napoli un enorme successo. L’idea della traversata, all’Ing. Calì, non gli venne così a caso ma fu la logica conseguenza di una serie di circostanze e riflessioni che lo indussero a dare il via all’importantissima competizione. Egli, villese di nascita, ma milanese di adozione, osservando il “bel mare” che separa la Sicilia dal continente, uno specchio d’acqua tra i più belli del mediterraneo che da solo riesce ad offrire un panorama suggestivo ed incantevole, comprese che questo tratto di mare, poteva essere un importante risorsa per il territorio e a questo si domandò: << perché non esaltare questo luogo, organizzando una traversata a nuoto dello stretto, mettendo così alla prova le qualità dell’uomo? >> Il Commendatore Calì, passò dalle parole ai fatti, portando in riva allo stretto le più grandi firme del nuoto italiano, accendendo a tutti il desiderio di iscrivere il proprio nome nell’albo d’oro della Traversata dello Stretto. Sul finire degli anni ’60, il disinteresse verso il nuoto di fondo portò al progressivo impoverimento tecnico della competizione, che indusse gli organizzatori dell’epoca, dopo l’edizione del 1973, alla quale parteciparono solo 9 atleti, ad optare per la disciplina del nuoto pinnato in forte crescita. La manifestazione così modificata si svolse con notevole successo per 29 edizioni con 2 edizioni non svolte nel 1992 e 1993. Dal 1994 l’organizzazione è curata dal Centro Nuoto Sub Villa che riuscì a far crescere la competizione con un notevole salto di qualità, passando da poche decine di atleti partecipanti a oltre 100 concorrenti. Dal 2006 si ritornò al nuoto puro con la cronologia di “42^ Traversata dello Stretto”. La pesca del pescespada Come duemila anni fa …… Le correnti dello Stretto di Messina rendono limpide le acque del mare di tutta la Costa e, soprattutto, su Scilla che è situata al centro dello Stretto. Per questo motivo la pesca del pesce spada è praticata in queste acque da più di duemila anni. Nel passato la rupe di Scilla o le alture limitrofe erano le postazioni ideali per avvistare il pesce. La vedetta, dall’alto del castello scorgeva all’orizzonte il passaggio del pesce e con urla, certamente di origine greca, e con l’uso di bandiere avvisava i compagni che, sulle caratteristiche imbarcazioni, chiamate lontri costeggiavano le rive. La tipica imbarcazione, di cui un esemplare si può ammirare in una sala del castello, era lunga circa sei metri e mezzo e larga due ed era dotata di un albero alto cinque metri, detto foriera, sul quale si appostava la vedetta. Due marinai seduti sul banco centrale manovravano due remi, più lunghi del luntre, fissati all’estremità di un’asse, detta croce, situata ai piedi dell’albero. A poppa altri due marinai, in piedi, davano la spinta all’imbarcazione con due remi più corti. La prua era il posto del ramponiere, ossia il vero e proprio cacciatore, armato di un arpione, lungo circa quattro metri e mezzo, munito di una punta di ferro che si apriva appena entrata nel corpo del pesce, il quale, una volta dissanguato, veniva issato a bordo della piccola imbarcazione e ricoperto con riguardo per essere protetto dal sole.

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