Cilento e Valle di Diano

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Cilento e Valle di Diano

Salerno

Paesaggi e punti panoramici

Il Cilento, terra dalle dolci morfologie collinari, ricoperte da distese di ulivi verde cenere che si rispecchiano nel blu del Tirreno e allo stesso tempo, terra dalle morfologie molto aspre profondamente incise da vivaci torrenti, raie dall’aspetto lunare, boschi di castagni e di lecci, paesi abbarbicati alle rocce o adagiati sulle rive. Pochi immaginano che a determinare questo affresco, fatto di forme e colori suggestivi apparentemente in forte contrasto, sia la duplice natura geologica delle rocce che costituiscono il Cilento: quella del «Flysch del Cilento», che ha la sua massima diffusione in corrispondenza del bacino idrogeografico del Fiume Alento e dei principali monti del Cilento occidentale, quali il Monte Centaurino (1433 m), e quella delle «rocce calcaree» che costituiscono i complessi montuosi interni (Alburno-Cervati) e meridionali (Monte Bulgheria, Monte Cocuzzo) del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. La natura carsica delle terre cilentane e la conseguente ricchezza di grotte ha senza dubbio favorito la presenza dell’Uomo che in esse si è rifugiato, ha trovato riparo, ha consumato i suoi pasti. i più antichi segni della presenza antropica risalgono al Paleolitico medio (500.000 mila anni a.C.) e le sue tracce continuano attraverso il Neolitico e fino all’Età dei Metalli. La presenza dell’Uomo primitivo è ancora oggi tangibile attraverso la presenza dei suoi «strumenti» disseminati sia lungo le grotte costiere tra Palinuro e Scario, sia in quelle interne dislocate lungo gli antichi percorsi di crinale dei massicci montuosi (Grotte di Castelcivita), sia nel Vallo di Diano (Grotte dell’Angelo, Pertosa). Sulla costa alta, il Flysch si caratterizza per la fitta stratificazione delle rocce che talora assumono forme e colori particolari come è possibile riscontrare in località Ripe rosse o nel terrazzo marino di Punta Licosa. I paesaggi che ne derivano si riconoscono per le morfologie spesso dolci e per la maggiore presenza arborea della macchia mediterranea. Lasciata la costa nord-occidentale, territorio del Flysch, e inoltrandoci verso l’interno del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, il paesaggio cambia: siamo nel «regno» delle rocce calcaree, al cospetto dei massicci carbonatici degli Alburni e del Cervati. Il paesaggio, modellato dalle forme carsiche, dall’asprezza di taluni versanti segnati da una intensa tettonica; dalle grandi forre scavate da torrenti perennemente in piena, si presenta con un aspetto lunare reso brullo dalla «povertà» dei terreni, anche se, la dove le condizioni del suolo e delle acque lo permettono, esso diventa ricco di boschi mediterranei e faggeti o di prati a lavanda. Caratteristica della geologia di queste rocce sono le forme carsiche, dovute alla dissoluzione del carbonato di calcio che produce «erosione» e deposizione con formazioni, tra l’altro, di stalattiti e stalagmiti. Le forme che ne derivano possono essere superficiali (epigee) come i solchi dei campi carreggiati, le doline, e gli inghiottitoi o profonde (ipogee) quali grotte, gallerie e cavità, presenti nel territorio del Parco, molte delle quali ancora inesplorate. Il fenomeno carsico è particolarmente spinto nei Monti Alburni con le magnifiche testimonianze della grotta di Castelcivita lunga quasi 5 km; della grotta di Pertosa accessibile per un tratto con zatteroni; e della grotta dell’Auso presso S. Angelo a Fasanella.
Riconoscimenti
Riserva della Biosfera, UNESCO

Galleria Fotografica