Situato in una zona di confine tra Umbria, Toscana, Marche e Romagna, il Castello Bufalini nasce come fortezza militare per difendere l’abitato di San Giustino ed il territorio circostante. La sua edificazione risale al 1480 quando Citta’ di Castello, per arginare gli attacchi dei nemici, decise di costruire un castello fortificato su progetto dell’architetto romano Mariano Savelli sul luogo di un fortilizio preesistente di proprietà della famiglia Dotti, ormai in rovina a seguito degli eventi bellici del tempo. Poichè la costruzione richiedeva un ingente capitale, nel 1487 il Castello fu donato a Niccolò di Manno Bufalini, cittadino tifernate e ricco possidente terriero in San Giustino, con l’obbligo di completare i lavori sotto la direzione di Giovanni e di Camillo Vitelli e di difendere il maniero in caso di guerre. La fortezza fu costruita a forma di quadrato irregolare con torri angolari raccordate da camminamenti merlati, su cui domina la mole della torre maestra; il tutto ulteriormente difeso da un ampio e profondo fossato a pianta stellare con ponte levatoio. Nel 1500, con il consolidarsi della potenza economica e politica della famiglia Bufalini divenuta di fatto la feudataria del luogo, il Castello fu trasformato in una villa fortificata secondo nuove esigenze sociali, artistiche e culturali. Promotori di tale iniziativa furono l’Abate Ventura Bufalini ed il fratello Giulio. L’originaria struttura chiusa in se stessa fu trasformata (su probabile disegno del Vasari) in una struttura aperta e protesa verso il nobile giardino ed il paesaggio circostante. I lavori più consistenti interessarono la facciata, dove la torre di sinistra fu sopraelevata, trasformata in una loggia coperta e raccordata al maschio mediante la realizzazione di un ampio loggiato con colonne e balaustra in pietra arenaria. Inoltre vennero demoliti i beccatelli e realizzato un nuovo ingresso al centro della facciata. Trasformazioni significative interessarono anche il lato sud, dove la merlatura fu trasformata in’ un camminamento loggiato. Nei prospetti furono aperte ampie finestre architravate e sul lato nord fu realizzato un ampliamento a ridosso del maschio, per contenere lo scalone monumentale. Altre modifiche più o meno importanti furono apportate nei secoli successivi. La cinta muraria si deve ad un parziale rifacimento settecentesco; più tarda è la chiusura del loggiato sul lato sinistro del cortile interno e la sopraelevazione di una torre campanaria. In tutti gli ambienti sono conservati oltre gli affreschi, un gran numero di quadri, di mobili, di lampadari e di suppellettili che fanno del Castello un raro esempio di nobile dimora giunta fino a noi stupendamente conservata ed arredata. Tra i quadri da ricordare due splendide Madonne, una del Pinturicchio e l’altra attribuita ad artista della bottega del Signorelli. In alcune nicchie del chiostro interno e nella sala del trono sono distribuiti dei busti di marmo di età romana provenienti in parte dalla vicina villa "in Tuscis" di Plinio il Giovane. Tra la cinta muraria ed il fossato del Castello, entro uno spazio irregolare, si estende il giardino che nel 1500 era ‘all’italiana" con piante basse, alberi da frutto nani, fiori e verdure disposti secondo un disegno ben stabilito, con aiuole, fontane percorsi obbligati, delimitati da varie essenze fra cui il bosso. Probabilmente a questo periodo risale l’impianto del labirinto. Nel 1700 il giardino fu riprogettato e, l’impianto settecentesco, è tuttora visibile nel viale sul perimetro del fossato, nella disposizione delle fontane, nelle nicchie a mosaico e nella galleria a verde detta "voltabotte" sul lato meridionale.