Il canto a tenore, che si è sviluppato nell’ambito della cultura pastorale della Sardegna, è una forma di canto polifonico eseguito da un gruppo di quattro uomini usando quattro diverse voci chiamate bassu, contra, boche e mesu boche. E’ caratterizzato dal timbro profondo e gutturale del bassu e delle controvoci ed è eseguito in piedi in circolo. I solisti cantano un pezzo di prosa o poesia, che può anche appartenere a forme di espressioni culturali contemporanee, mentre le altre voci fanno un coro di accompagnamento. La maggior parte dei praticanti di questo canto vivono nella Barbagia e nella Sardegna centrale. La loro arte canora è ben inserita nella vita quotidiana delle comunità: i tenori si esibiscono spontaneamente nei bar chiamati “su zilleri” ma anche in occasioni formali e cerimonie, come matrimoni, la tosatura delle percore e durante il Carnevale Barbaricino. Il canto a tenore comprende un ampio repertorio che varia da zona a zona. Le melodie più comuni sono le serenate “boche ‘e notte”, la voce della notte, e canzoni da ballo come mutos, gosos e ballos. I testi sono poesie antiche o contemporanee che trattano problemi attuali, come l’emigrazione, la disoccupazione e la politica. In tal senso, le canzoni sono considerate come espressione della cultura tradizionale e contemporanea. Il canto a tenore è vulnerabile ai cambiamenti socio-economici come il declino della cultura pastorale e l’aumento del turismo, che rischia di rovinare la diversità dei repertori e il modo originario in cui veniva eseguito il canto.
Riconoscimenti
Patrimonio immateriale UNESCO