“Il Battesimo di Gesù sul fiume Giordano”

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“Il Battesimo di Gesù sul fiume Giordano”

Capistrano

Beni culturali

Il Battesimo, secondo la tradizione cristiana, è un sacramento che si manifesta attraverso un rito d’iniziazione in virtù del quale si entra a far parte della Chiesa; anticamente era considerato un atto di purificazione e nello stesso tempo un processo di rinascita. Il “Battesimo di Gesù” nella chiesa parrocchiale in Capistrano intitolata a San Nicola, è collocato sotto la cantoria sulla parete sinistra dal portone d’ingresso. I contenuti illustrativi presenti in quest’opera, tratti dai quattro vangeli sinottici che la Chiesa riconosce come ufficiali, rilevano un tema religioso molto diffuso nella storia dell’arte. Tuttavia, la scena iconografica del dipinto raccontata nei quattro vangeli (Matteo 3, 13-17; Marco 1, 9-11; Luca 3, 21-22; Giovanni 1, 29-34), palesa peculiarità stilistiche adottate già nell’arte rinascimentale da artisti italiani e nord europei. In effetti, questo sfondo iconografico, spesso utilizzato nell’arte pittorica che mostra la figura di Giovanni Battista sulla riva del fiume Giordano, che versa l’acqua da una conchiglia sul capo di Gesù Cristo ricoperto dal perizoma, con i piedi immersi nell’acqua, viene chiamato “Battesimo per infusione”. Inoltre, la composizione è spesso arricchita con la presenza di due o più Angeli che reggono gli abiti del Cristo, simboli di una vestizione immacolata, mentre in alto, sopra il capo, la Colomba dello Spirito Santo, irradia di luce divina l’Unto di Dio. Il fiume, elemento centrale nel dipinto del “Battesimo di Gesù”, non solo per valenza simbolica (nella tradizione antica il Paradiso era percorso da quattro fiumi, nel Medioevo, invece, questi divennero poi simboli dei quattro Vangeli), qualifica inequivocabilmente tutto l’apparato scenografico dell’opera. La disposizione delle figure, infatti, concorre apertamente ad accentuarne l’importanza. Da una parte la vocazione degli Angeli come messaggeri spirituali ed esecutori in terra per volontà divina attendono Dio che annuncia: “Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”, dall’altra parte invece, in uno spazio circondato da alberi e cespugli, Giovanni Battista profeta, raffigurato col bastone che culmina con la croce sulla quale un cartiglio visualizza una scritta con ”Ecce Agnus Dei”, è il precursore che anticipa l’annuncio del Figlio di Dio. Quest’ambiente, che realizza l’impianto dell’opera nell’illustrazione dei soggetti, predispone una composizione geometrica triangolare che fa riferimento alla perfezione Trinitaria intorno alla quale ruota uno scenario in cui la natura mantiene un’esclusiva meraviglia. Peraltro tutte le figure si rivolgono direttamente al visitatore e qualificano il tema del Battesimo fissandolo da questo momento in poi in un “tempo” che sarà per ogni cristiano l’elemento liturgico che cancella il proprio peccato originale. Attraverso questo corpus iconografico che distingue le peculiarità dei personaggi, i colori tonali del dipinto poco visibili rispetto a quelli originali, purtroppo, non permettono una lettura conforme e precisa ma riescono a dare solo qualche indicazione ridotta e una percezione estetica molto marginale. Perciò, pur essendo molto dispersivo, lo sfondo coloristico della superficie di tutto il dipinto mostra velature tonali di castano, ocra e bruni che segmentano gli spazi naturali di tutta la ricostruzione scenica, in alcuni tratti marcati da ricche ombreggiature. Anche il fiume, al centro nello sfondo, visualizza tonalità di colore che riflettono una luce che si estende fino ai margini dei campi in una dimensione prospettica infinita che vede il torrente dileguarsi dietro i personaggi. I colori azzurri del cielo con quelli bianchi distinti sulle vesti di Gesù indicano la purezza e la spiritualità; quelli rossi sulle vesti del Battista e sull’Angelo annunciano il sacrificio di Cristo nella Sua prossima Passione. Ad ogni buon conto, nonostante questo sottile degrado che evidenzia un decadimento strutturale e cromatico, l’opera si rivela tra le più interessanti nella provincia di Vibo Valentia e conserva presupposti espositivi che condizionano particolarmente la raffigurazione religiosa, a tal punto che anch’essa si colloca nell’ampio panorama della pietà popolare della Chiesa Cattolica Universale.

 

 Nel 1965 venne pubblicata dalla garzanti editore la versione italiana della biografia “Renoir mio padre” del figlio Jean Renoir, in cui si legge Partì, munito di una lettera di raccomandazione del vescovo, procuratagli dall’amico. A quell’epoca le ferrovie e le strade erano rare in Calabria. Mio padre fece il viaggio parte su una barca di pescatori passando da un porticciolo all’altro e parte a piedi. La lettera del vescovo gli apriva le porte di tutti i presbiteri. Spesso accadeva che il parroco, non avendo che un solo giaciglio glielo cedesse, andando a dormire sulla paglia insieme al suo asinello. I pasti erano più che semplici, in certi villaggi la gente viveva di fagioli, e la pasta, che gli stranieri credono così abbondante nell’Italia meridionale non la conoscevano neppure. Varie volte Renoir si trovò dinnanzi a corsi d’acqua ingrossati dalle piogge e resi difficilmente transitabili per la mancanza di ponti. Un giorno, una contadina, vedendo che mio padre non sapeva come cavarsela, chiamò altre donne che lavoravano nei campi. Accorsero ridendo,erano una ventina e circondarono Renoir, spiegandogli in calabrese cose che non capiva. Alla fine entrarono nel fiume, presero mio padre, passandoselo dall’una all’altra come un pallone di rugby, lo trasbordarono sull’altra riva. Egli faceva del suo meglio per ricambiare quelle manifestazioni di generosità. Non aveva molto denaro, ma, per quei villani che vivevano quasi esclusivamente

di scambi, anche una monetina rappresentava una rarità. Quel che li rendeva più felici era che facesse il ritratto al “bambino”. E poi “In un villaggio di montagna Renoir rifece gli affreschi alla chiesa distrutti dall’umidità: <Non mi intendevo molto di affreschi; trovai dal muratore un po’ di polveri colorate. Chissà se hanno retto>”.

Nel 1966 grazie all’indagine sul campo del prof. Giuseppe Pisani, insegnante di attività artistiche nella scuola media di Capistrano e dei suoi alunni sono stati riportati alla luce due dipinti sulle pareti ai lati del portone centrale della Chiesa Madre di Capistrano; soltanto quello raffigurante il “Battesimo di Gesù” era in condizioni di recuperabilità;

Critici e studiosi tra i quali Sharo Gambino di Serra San Bruno, Giuseppe Curatola di Pizzo Calabro, Franco Natale, pittore capistranese, Xante Battaglia, docente dell’Accademia di Belle arti di Brera, fin da subito, hanno sostenuto che nel dipinto Il “Battesimo di Gesù sul fiume Giordano” molti elementi supportano l’ipotesi che il dipinto sia stato rifatto dal maestro dell’impressionismo Pierre Auguste Renoir;

Dagli anni sessanta a più riprese, del caso “Renoir a Capistrano”, si è interessata la stampa e le televisioni locali, nazionali ed estere;

Nell’agosto del 1993 anche il noto critico d’arte Vittorio Sgarbi ha visitato il dipinto.

 

 

I Libri

 

  • Capistrano ieri e oggi” – Autore Giovanni Manfrida, edizioni Calabria Letteraria 1987;

  • Gli Affreschi di Renoir un mistero svelato” – Autore Mario Guarna, edizioni Ibiscos 2008;

  • Il cielo rubato – Dossier Renoir” – Autore Andrea Camilleri, edizioni Skira 2009;

  • Dal Sogno alla realtà” Sulle orme di Renoir a Capistrano – Autori Saverio Di Bella e Michele Garrì, edizioni Kimerik 2011.

 

 

 

Galleria Fotografica